Una sera di marzo, mentre la stagione invernale volge al termine e si profila in lontananza quella estiva, incontro i gestori dei tre rifugi Cai della nostra Sezione per una chiacchierata informale. Sono gli eredi di un antico sapere e di una schietta ospitalità, che vanta oltre 140 anni di storia.
La Sezione nacque infatti nel 1882 come “Sezione Ampezzo” del Club Alpino Tedesco ed Austriaco, i fondatori erano 49, tra cui quatto donne (!), possedeva una biblioteca di 200 volumi offerta dal viennese Issler ed aveva il compito quanto mai attuale di “estendere la conoscenza delle Alpi, specialmente le dolomitiche, nel cui centro risiede la Sezione, facilitare le comunicazioni e l’accesso ai monti, procacciare un sempre maggior benessere al paese promovendo la maggior possibile frequentazione di forestieri”, come si evince dallo Statuto dell’epoca approvato dal governo austriaco.
Mansueto Siorpaes, Modesto Alverà e Mauro Dapoz, insieme alle loro famiglie, sono consapevoli dell’importanza del loro lavoro, ma soprattutto sanno che lo devono svolgere con amore e dedizione. In fondo gestire una struttura in alta quota è quasi una missione!
La chiacchierata diventa un ricordare: prima di tutto le difficoltà…
Mansueto, che ha gestito per ben 47 anni il Rifugio Nuvolau (il più antico rifugio delle Dolomiti, datato 1883), ricorda le scomodità: all’inizio non c’era luce elettrica, la cucina era meno che essenziale, i clienti a volte portavano con sé il cibo e pretendevano che il gestore lo cucinasse, comprese cotolette impanate da friggere! Ed ogni tanto svolgeva il poco entusiasmante lavoro di svuotamento del gabinetto “a ra vecia”, a caduta s’intende… Ma il momento più tragico risale al 1992, quando un fulmine ha colpito la fune della teleferica, bruciando il motore del manufatto, il generatore e tutta una baracca in legno; fortunatamente un elicottero, che effettuava trasporti per le riprese del film “Cliffhanger”, diede un buon aiuto nel portare fino lassù materiali e macchine, salvando così l’imminente stagione estiva.
Modesto lo troviamo al rifugio Croda da Lago (costruito nel 1901) da 28 anni, anche lui racconta come all’inizio abbia provveduto a rimodernarlo, dotandolo di quelle comodità che ormai si rivelano necessarie. Ogni anno cerca di apportare delle modifiche, dimostrando una rara tenacia. Si emoziona ancor oggi raccontando come anni fa un fulmine senza pioggia si abbatté su un pino cembro accanto al rifugio: fino a qualche minuto prima proprio lì giocavano i suoi figli… sarebbe stata una tragedia, invece sono andati distrutti “solo” il computer, un inverter, e parecchie attrezzature elettriche!
Mauro, avendo vinto il bando per l’assegnazione del rifugio Giussani in Forcella Fontananegra (nel 1886 era stato eretto il rifugio Tofana, poi Cantore, e nel 1972 l’attuale), conosce bene il suo lavoro in quanto la precedente gestione era affidata ai suoi genitori. Anche lui sottolinea come all’inizio fosse privo delle più elementari comodità. L’aspetto più difficile è sempre stato approvvigionamento idrico, a questo si aggiunge qualche sporadico e scenico caso di scarrucolamento della teleferica… senza tralasciare certi risvegli a 2600 metri di quota con parecchi centimetri di neve fresca e tanti clienti che non sanno se sentirsi dispersi o divertiti!

Tutti e tre concordano nel raccontare come una volta le pretese da parte degli avventori fossero ben più modeste, ma nello stesso tempo oggi c’è una maggiore sensibilità nei confronti dell’ambiente: i cumuli di rifiuti lasciati dai frequentatori si sono dimezzati nel tempo.
La chiacchierata si fa sciolta: Mansueto, Modesto e Mauro raccontano aneddoti e curiosità, e concordano che è una grande soddisfazione veder ritornare tanta gente da un anno all’altro, a volte arrivano gli amici degli amici perché sanno che lassù ci si sente a casa. E’ bello essere un punto di riferimento per gli scalatori o i semplici gitanti che spesso chiedono un consiglio e poi passano a ringraziare! Naturalmente c’è anche chi non ascolta e si mette in pericolo, sottovalutando le raccomandazioni… eh sì, il bravo gestore sa valutare e tenere conto delle capacità dei suoi interlocutori e sa dare le indicazioni giuste, ma il bravo viandante le sa ascoltare!
Ci sono naturalmente anche altre difficoltà, per esempio il trasporto dell’occorrente dal fornitore alla struttura ricettiva può richiedere tre o più passaggi: questo non sempre viene valutato dal cliente che si meraviglia di un prezzo o della mancanza di una tale pietanza. C’è pure chi, socio Cai, pretende ciò che non gli spetta. Anche la burocrazia può mettere in crisi la complicata gestione di un rifugio: temperature dei frigoriferi, schede alimenti, tabelle e documenti di ogni genere…
I rifugi Cai hanno però alle spalle un’organizzazione solida, che li aiuta e li sostiene in ogni frangente, e la nostra Sezione è molto attenta ai problemi ed alle esigenze delle sue tre strutture.
Gestirli è un lavoro che gratifica e permette l’instaurarsi di rapporti umani davvero speciali. Grande è la collaborazione tra i conduttori di rifugi sia appartenenti al Cai, che privati: si scambiano informazioni, si inviano ospiti, si offrono materiali ed aiuto; il tutto con grande stima e rispetto, ben sapendo che spesso si tratta di “un pane prestato”.
E poi, nella nostra realtà, è bello sottolineare che la gente d’Ampezzo ama i suoi rifugi, tutti, e li frequenta dicendo: “Vado a zena da Toio e Aurora (d’ora in poi da Mauro e Marcella)!”, oppure: “A solerà dal Mode e ai dì bondì a Monica!” o magari “Son a saludà Mansueto e a ciacolà con Giovanna!” (ma dal 2021 da Emma e famiglia).
Nella vita quotidiana si identifica il luogo con le persone che lo curano e lo amano: questa è davvero una gioia per i gestori, lo sottolineano loro stessi con un sorriso schietto, i loro occhi brillano e ci salutiamo con un cordiale “Sanin dapò!”
Arrivederci lassù, all’alba o al tramonto, nella condivisione di un dono di Dio che non smette mai di stupirci!
Flora Menardi